Ragusa, 5 giugno 2020 — Conosco siti Internet sui quali la notizia – corredata dalle foto che vedete in questo articolo – avrebbe un grande risalto e un titolo già pronto: «I nazisti a Ragusa». Sarebbe giustificato, appunto, dalle foto che pubblichiamo che, come appare evidente, mostrano una ringhiera con tanto di ‹svastica›.
Svastica, esatto; quel simbolo trucido del regime totalitario e autoritario più crudele che la Storia ricordi. Quindi è vero: almeno una casa, e quindi una famiglia ragusana, nella zona nuova della città sull’altopiano ha voluto rappresentare la svastica e in maniera che più evidente non si potrebbe: nella ringhiera del balconcino che si affaccia sul marciapiede della lunghissima e trafficatissima arteria che porta ad Ovest.
Vero anche questo. Quello che però fa la differenza è un particolare, piccolo quanto significativo. La casa in questione è stata costruita quando Hitler era uno scappato di casa, sbandato ex militare austriaco e non certo il dittatore che assunse la svastica come simbolo del partito e del regime.
Quel simbolo, infatti e purtroppo, è antico a dir poco, e poco c’entra col nazismo: nasce nell’India preistorica e si diffonde in tutto il mondo con significati, normalmente, di buona fortuna, augurali e di pace. [sic!].
Il ‹pazzo con i baffetti› ‘à la Charlot’ adotta quel simbolo, quale bandiera del regime nazista, solo nel 1920. La casa in oggetto, che ancora oggi mostra la svastica è precedente o al massimo coeva. E venne costruita ovviamente non lungo il Viale delle Americhe, che allora non esisteva, ma in piena campagna. Quella zona che oggi è certamente periferia cittadina ma vitale e frequentata (negozi, concessionarie, il celebre fastfood americano, uffici, bar e ristoranti) per oltre un secolo fu una piana agricola. C’erano solo la chiesetta di San Luigi (edificata nel 1932 e ritenuta «troppo grande» per essere, in fondo, una cappella rurale, mentre oggi non riesce a contenere tutti i fedeli della parrocchia che è popolatissima grazie anche ai tanti enormi condomini di viale Europa) e, appunto, alcune casette. Tutte piccole residenze con giardino che alcune famiglie ragusane avevano costruito per trascorrervi l’estate. Quella parte dell’altopiano è infatti molto ventilata e in estate, la sera, bisogna mettere un giubbino. Negli anni tra la fine dell’Ottocento e i primi anni 20 del Novecento fu quindi località residenziale per la comodità di essere non distante dal centro – allora la Piazza San Giovanni, in linea d’aria tre chilometri e mezzo dalla San Luigi e poco più seguendo il tracciato viario – e climaticamente adatta a superare luglio e agosto.
Il costruttore di quella casetta oggi sul marciapiede del Viale delle Americhe volle la svastica nella ringhiera (oppure gli venne suggerita dall’architetto, o dal fabbro che realizzò il manufatto in ferro battuto, non è noto), ma – riteniamo – probabilmente la scelta gli sembrò ‹bella esteticamente› o forse la volle perché ne conosceva il significato ben augurale (non certo pensando al futuro nazismo). Nulla di più, e nulla di meno.
Che poi oggi, in viale delle Americhe, ci possano essere dei nazisti, non escluderlo né confermarlo, anche se non dovessero sapere cos’è la svastica, quella vera.
Saro Distefano